Donne in quota

Milano, 10 febbraio 2023

Lettera originale allegata qui

La sottoscritta Donatella Martini nata a Milano il [omissis] e residente a Milano in [omissis] , (telefono [omissis] fax [omissis] email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), Presidente dell’associazione DonneinQuota

segnala

che nel corso del programma “C’è posta per te” trasmesso da Canale 5 il 7 gennaio u.s.

è stato trattato un caso di violenza di genere secondo modalità chiaramente sbagliate, stereotipate e sessiste.

La storia: Valentina e Stefano, sposati, tre figli.

Dopo anni di maltrattamenti verbali e psicologici da parte del marito, Valentina si innamora di un altro uomo conosciuto al lavoro, che la tratta con rispetto e dolcezza. Iniziano una relazione e lei dice al marito che si vuole separare.

Il marito riferisce tutto ai genitori e ai suoceri che prendono le difese di Stefano, aumentando il senso di colpa di Valentina, tanto che interrompe la relazione e si convince di voler tornare con lui che nel frattempo se ne è andato da casa.

A questo punto, si instaura uno strano tran tran: quando Stefano va a visitare i bambini una o due volte la settimana, moglie e marito hanno rapporti intimi ma lui non sembra avere nessuna intenzione di tornare a casa.

Nel tentativo estremo di riconquistare il marito, Valentina si rivolge a Maria De Filippi, la conduttrice di “C’è posta per te” e, per la struttura del programma, si pone nella posizione di colpevole che vuole essere perdonata per averlo tradito.

Purtroppo la De Filippi non ha la preparazione adatta a trattare casi di questo tipo, non sa riconoscere come tale la violenza di Stefano e commette il grave errore di colpevolizzare la vittima, Valentina.

Presenta infatti i comportamenti sbagliati di lui come parte ordinaria della relazione di coppia e ne ridimensiona la gravità.

Al contrario, il tradimento di lei è continuamente sottolineato, come se avesse una rilevanza maggiore della violenza esercitata su di lei dal marito.

In questo modo, la conduttrice non consente il riconoscimento della violenza da parte del pubblico e in particolare da parte delle ragazze o donne che vivono situazioni analoghe e, peggio ancora, la normalizza.

Faccio presente che se questo programma fosse stato trasmesso dalla televisione pubblica, la nostra azione di protesta sarebbe stata più efficace perché la Rai ha delle regole da rispettare date dal Contratto di Servizio pubblico Rai – la cui ultima stesura è la più avanzata dal punto di vista di genere grazie anche al nostro contributo – che le televisioni commerciali non hanno.

E’ arrivato il tempo di pensare a queste regole perché sappiamo tutti che i media influenzano e plasmano l’opinione pubblica.

Di conseguenza, chi ha accesso ai media, ha un enorme potere sull’immaginario collettivo e deve saperlo esercitare.

Questa conduttrice e la tv privata che glielo permette, non sanno esercitare questo potere.

In attesa di riscontro, porgo cordiali saluti.

Donatella Martini

La Presidente

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